Il 16 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo codice appalti, che entrerà in vigore dal 1° aprile 2023 abrogando definitivamente l’attuale normativa dal 1° luglio 2023. Il nuovo codice sarà riformato con norme <<che permetteranno di semplificare le procedure e garantire tempi più veloci e che rappresenteranno anche un volano per il rilancio della crescita economica e l’ammodernamento infrastrutturale della Nazione>>.
Tuttavia, ad un’attenta lettura, non si comprende la logica della semplificazione che, in diversi passaggi, mira alla centralità del progetto mentre pare sfuggire al legislatore che le principali criticità, in termini di lavori pubblici, siano storicamente riconosciute nella mancanza di programmazione e nella complessità degli iter amministrativi, sempre più articolati e subordinati.
Tra gli elementi che come professionisti riteniamo più problematici troviamo: l’uso indiscriminato dell’appalto integrato che interrompe quella continuità – di buon senso comune – tra la fase ideativa e quella esecutiva; la marginalità del concorso di progettazione visto sempre, in Italia, come uno strumento secondario; la riduzione dei livelli di progettazione, quest’ultima fattibile solo attraverso un adeguato aggiornamento delle prestazioni professionali, che negli ultimi anni hanno subito un discreto incremento di complessità e responsabilità.
Nonostante la concorrenza e la trasparenza siano menzionate tra i principi del nuovo codice, sarà estesa la soglia per gli incarichi diretti, sottraendo così al mercato gran parte delle progettazioni di opere pubbliche, e la vera attesa riforma della Pubblica amministrazione – in termini di formazione, digitalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti – rimane del tutto marginale.
La Rete delle Professioni tecniche – soggetto che riunisce 9 Consigli Nazionali di Ordini e Collegi professionali dell’area tecnica e scientifica quali architetti, ingegneri, geometri, periti industriali e agrari, agronomi forestali, geologi, fisici e tecnologi alimentari – ha presentato per tempo una serie di richieste, ma nessuna di queste è stata accolta nel nuovo schema che adesso andrà all’esame del Parlamento.
A questo punto ci aspettiamo che queste richieste vengano approfondite e accolte nei lavori parlamentari perché, così com’è stato pensato, il nuovo codice porterà più complicazioni che altro, non solo ai professionisti, ma anche alle stazioni appaltanti oltre a creare delle difficoltà nella ‘messa a terra’ dei progetti.
Al fine di evidenziare queste criticità abbiamo scritto congiuntamente a tutti gli Ordini degli Architetti italiani la lettera al Presidente del Consiglio ‘Appalti, la qualità prima di tutto’ pubblicata sul Corriere della Sera del 23 dicembre scorso, auspicando una maggiore sensibilità nel processo di affinamento finale del codice.
Riccardo Miselli
Presidente Ordine degli Architetti di Genova