Architetture genovesi del Novecento nelle collezioni della Wolfsoniana

Campi, acciaierie. (Immagine concessa dai curatori)

Dal 28 agosto al 20 settembre Palazzo Ducale ospita la mostra “Architetture genovesi del Novecento nelle collezioni della Wolfsoniana”, a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone.

L’esposizione è allestita nel Porticato maggiore, la sala che introduce la magnificenza dello scrigno affrescato della Cappella dogale, e consiste in una selezione di progetti di architetture risalenti ai primi decenni del secolo scorso, provenienti dalle collezioni della Wolfsoniana di Nervi.

Con la caduta della Repubblica di Genova e l’annessione della Liguria al regno di Sardegna, dopo il Congresso di Vienna del 1814, la fisionomia urbana della città cominciò ad adeguarsi alle nuove emergenti dinamiche politiche, sociali ed economiche, in un processo di trasformazione e di sviluppo che ebbe il suo apice proprio nella prima metà del Novecento. In questo periodo furono infatti messi in atto alcuni importanti piani urbanistici che – varcati i confini della cinta muraria della città medievale, di cui Palazzo Ducale era stato il baricentro – mutarono radicalmente il volto della città, decentrando in aree di nuova edificazione i nuclei del potere politico ed economico allora in ascesa.

A ponente l’affermazione industriale dell’Ansaldo, che ebbe il suo culmine grazie alla congiuntura bellica tra il 1915 e il 1918, fu incarnata dal piano logistico e architettonico di Adolfo Ravinetti, autore nelle aree di Campi del progetto di alcuni fabbricati in cemento armato i quali, destinati alla produzione di mezzi e materiali militari, coniugavano moderne esigenze funzionali con suggestioni architettoniche d’impianto classico.

A levante, la principale trasformazione urbanistica fu determinata dal piano di copertura del Bisagno, deliberato dall’amministrazione comunale nel 1919, ma portato a termine solo alla fine del 1930, e preceduto da altre ipotesi progettuali, come ad esempio dal Progetto di copertura del Bisagno e piano regolatore delle aree adiacenti (1905 circa) di Giuseppe Cannovale, ingegnere originario di Messina attivo a Genova sin dai primi anni del Novecento.

La sistemazione urbanistica delle aree limitrofe, inserite nel Piano regolatore per le zone centrali (1932), fu quindi sancita dalla realizzazione del progetto di Marcello Piacentini per Piazza della Vittoria, cui concorsero diversi artisti e architetti allora attivi a Genova, tra i quali Beniamino Bellati e Alfredo Fineschi. Dai centri del commercio e della finanza, come Piazza Dante, edificata alla fine degli anni trenta e qui documentata dal palazzo Terzano di Giuseppe Crosa di Vergani, improntato nella sua linea austera ai modelli architettonici d’oltreoceano, si contrapposero infine i luoghi dello svago e del tempo libero, come nel caso della sede dello Yacht Club, nuovamente opera di Crosa, o le Piscine d’Albaro di Paride Contri.