Giuseppe Pericu (1937-2022)

Non ho avuto il piacere di conoscere personalmente Giuseppe “Beppe” Pericu, ma ho studiato e lavorato negli anni in cui è stato Sindaco e personaggio pubblico. Non posso raccontare esperienze dirette, ma è difficile da dimenticare la tensione positiva di quegli anni e fondamentale ripercorrere le tappe delle azioni che, allora, hanno cambiato prospettiva all’andamento futuro della città e ne hanno in qualche modo reinterpretato i caratteri identitari. In definitiva, tra i tanti valori, nella vita di un uomo grande importanza ha la qualità e la ricchezza delle relazioni che è capace di intessere, intrecciando ruoli delle persone e specificità delle competenze, insieme alla capacità di costruire occasioni che vadano a costituire un orizzonte di riferimento ben oltre i limiti della propria esistenza.

In questi ultimi giorni ho voluto rileggere un testo* che è testimonianza diretta di questa dimensione di pensiero attraverso le stesse parole del soggetto di questa breve memoria. Credo possa avere un senso riportarne degli stralci in una libera ricomposizione di alcuni passaggi scelti, scanditi da concetti chiave, in cui la materia che più ci sta a cuore, la città, è protagonista. Rimane così una traccia a testimonianza di una grande eredità di impegno politico e civile e di fiducia nel ruolo delle istituzioni, centrale per la nostra disciplina e attività di architetti, e non solo. Una linea di indirizzo frutto anche di un sodalizio profondo e prolifico con Bruno Gabrielli, amico di una vita, nel ruolo di assessore all’Urbanistica e al Centro storico, poi alla Qualità Urbana e Politiche Culturali, durante il decennio di governo della città. La visione condivisa di un’idea di città si concretizza nella capacità di mettere in campo meccanismi complessi di gestione della cosa pubblica e di reperire e investire risorse per l’attuazione di un palinsesto coordinato di interventi programmati a differenti livelli.

Coesione sociale

Il lavoro esprime anche l’identità sociale del singolo; con il venir meno del lavoro e i conseguenti pensionamenti o prepensionamenti tale identità andava perduta. Frammentazione sociale cui si accompagnava anche una profonda alterazione del territorio, conseguente alla dismissione di stabilimenti industriali, con la creazione di ampie aree abbandonate: vere e proprie ferite nella città.

L’ambiente sociale del centro storico subiva in modo particolare questa situazione complessiva di disagio: di fatto i genovesi lo avevano progressivamente abbandonato. Naturale conseguenza era il degrado degli edifici e le occupazioni abusive soprattutto da parte dell’immigrazione clandestina.

Identità culturale

L’obiettivo di fondo su cui convenimmo (con Bruno Gabrielli ndr) era di natura culturale: si doveva puntare al recupero di una coesione sociale, per superare l’accentuata frammentazione determinata dalle cause strutturali cui ho fatto cenno, facendo leva sulla identità culturale della città, che, evidentemente, aveva in sé sviluppi molto diversi pur muovendo dalla rivisitazione della nostra storia considerandola soprattutto nella sua cristallizzazione nel territorio.

In questa prospettiva deve essere letta la centralità attribuita al recupero del centro storico con la creazione non solo di un assessorato, ma anche di un’organizzazione gestionale differenziata.

Disvelamento del patrimonio

Sempre nella medesima logica si lavorò intensamente per ottenere la qualificazione di Genova quale capitale europea della cultura per il 2004: lavoro che comportava approfondimenti di valutazione e di confronto della nostra identità culturale nel contesto europeo. Gli interventi che insieme programmammo per l’anno europeo della cultura nel 2004 sono un’esatta testimonianza di questo orientamento: destinammo la maggior parte delle risorse al patrimonio museale, alla sistemazione di strade e piazze, al recupero dei palazzi del centro storico proponendone una lettura unitaria, che in oggi si è consolidata nella categoria dei Rolli. Il riconoscimento di patrimonio dell’umanità accordato dall’Unesco nel 2006, ottenuto in forza di una complessa e articolata istruttoria, rappresenta il momento conclusivo di questo percorso.

Amministrazione della città

Fu un impegno decennale che ha comportato una modificazione sostanziale dell’immagine di Genova: da città industriale e portuale, fumosa e insicura, a città dotata di un importante patrimonio culturale meritevole di essere conosciuto.

Questa prospettiva di fondo fu uno dei rationals che hanno caratterizzato anche il piano strategico che approvammo nella primavera del 1999, dopo aver indetto e attuato numerosi ed efficaci percorsi di partecipazione.

Il piano strategico, così come in allora definito e nelle successive necessarie evoluzioni, è stato il termine di riferimento fondamentale per la nostra attività di amministrazione della città: abbiamo avuto una guida sicura che ci ha consentito di non restare schiavi del contingente e superare la logica dell’immediato, del breve periodo nell’assumere decisioni di rilievo.

*Giuseppe PERICU, “In ricordo di un amico” in “Bruno Gabrielli: l’eredità culturale”, Ancsa – MUP, Parma 2018

Per Ordine e FondazionePierluigi Feltri, Presidente della Fondazione Architetti P.P.C. di Genova