Tomaso Badano, architetto sorridente: un ricordo di Diego Zoppi

Facoltà di Chimica, Matematica e Fisica, Valletta Puggia, Genova
Facoltà di Chimica, Matematica e Fisica, Valletta Puggia, Genova
Palazzo dei Marmi, piazza Fontane Marose, Genova

Foto 1. Facoltà di Chimica, Matematica e Fisica, Valletta Puggia, Genova
Foto 2. Facoltà di Chimica, Matematica e Fisica, Valletta Puggia, Genova
Foto 3. Palazzo dei Marmi, piazza Fontane Marose, Genova

Tomaso Badano ci ha lasciato. Aveva 88 anni, si era laureato alla fine degli anni 50 a Milano alla scuola di Ernesto Nathan Rogers, cominciando subito una lunga carriera, prima con Augusto Battaglieri e Bruno Gabrielli, poi in un lungo sodalizio con Lionello Calza (studio Caffaro) e, infine, con Architettiriuniti, gruppo di giovani e meno giovani genovesi chiamati da lui per partecipare, negli ultimi venti anni, al dibattito urbano e architettonico genovese.

Il lavoro di Tomaso ha attraversato e segnato le fasi della seconda metà del 900 italiano e i primi due decenni di questo nuovo secolo.

Si era cimentato nell’era postbellica progettando e realizzando molti edifici (in particolare residenze). Nell’era delle grandi opere “moderniste” si è cimentato con ospedali e università (sue le cliniche universitarie a Sassari – incarico vinto a seguito di concorso –, suo il progetto per la sede universitaria di Chimica, Matematica e Fisica di Valletta Puggia) e si era poi cimentato nei primi approcci alla rigenerazione urbana con molteplici progetti per ricreare nuovi equilibri, necessari a seguito delle trasformazioni architettoniche ed urbane sempre più interstiziali e profonde. Due per tutti: il Palazzo dei Marmi in piazza Fontane Marose, sede del Banco di Sardegna e il nuovo assetto del litorale di Voltri, quest’ultimo redatto insieme a Architettiriuniti, Studio 4, M. Zero a seguito di concorso internazionale.

Tomaso non si tirò indietro rispetto alle sfide della globalizzazione, accettando i rischi e l’adrenalina di importanti concorsi in Asia all’inizio del nuovo millennio. Concorsi, come sempre succede, a volte fruttuosi a volte meno, ma sempre intrapresi come occasione di ulteriore crescita professionale e conoscenza dell’uomo.

Ma il ricordo di Tomaso, più che alla sua folta e variegata produzione lavorativa, va all’architetto e all’uomo: ci incontrammo professionalmente 25 anni or sono, vidi in lui un signore elegante nei modi, che pur se abbondantemente oltre i 60, era dotato di una straordinaria vitalità e “necessità di servizio”, curioso e creativo, in bilico tra la sapienza dettata dall’esperienza e l’attitudine, mai domata, all’invenzione utopica, aperto al dubbio, al nuovo, ai giovani; caratteristiche, queste, che ha riproposto quotidianamente per i venti e più anni a seguire.

Il suo agire quotidiano è sempre stato caratterizzato da un senso di “leggerezza”, da non confondere con la superficialità.

Al contrario, una leggerezza del vivere derivante dalla innata capacità di assegnare il giusto peso alle umane occupazioni e preoccupazioni; questa capacità gli ha permesso di vivere una lunga vita con un leggero sorriso un po’ sornione sulle labbra e di contaminarne chiunque abbia diviso con lui un pezzo di strada.

Un esempio di misura, coerenza, gioia di vivere.

Diego Zoppi
Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori